Per anni mi sono sforzato di esporre la natura inaffidabile di buona parte di ciò che si legge sulla pubblicità digitale. Ci sono delle ragioni alla base delle mie convinzioni:
L’industria digitale è un’industria, appunto, ed è piena di operatori subdoli i cui “fatti” e “dati” di solito si rivelano intenzionalmente fuorvianti, volutamente incompleti, o peggio…
L’industria della ricerca è un’industria, ed è fortemente dipendente dal settore della pubblicità digitale, ne è complice e quasi sempre vira le sue conclusioni in una luce positiva.
La stampa specializzata, priva di prospettiva o scetticismo, ingoia questa immondizia e la pubblica con un tono di scoop che mette in imbarazzo gli editori di giornali di alta scuola.
Il che mi riporta a qualche tempo fa. La mia vita è così vuota e patetica che a notte fonda stavo leggendo l’articolo di una nota rivista americana che si occupa di pubblicità. Riguardava la notevole efficacia degli annunci digitali per riviste su tablet. Ecco ciò che diceva:
“Abbiamo analizzato i sondaggi on-line utilizzati per misurare il coinvolgimento dei consumatori di oltre 13.000 annunci riguardanti edizioni digitali di riviste durante la seconda metà del 2014. Abbiamo scoperto che quasi 9500 di questi annunci offrivano caratteristiche interattive, e che la metà delle persone intervistate, che hanno letto o notato gli annunci, è andata avanti e ha interagito in qualche modo”.
Sono rimasto sbalordito. So che meno di due persone su mille interagiscono con la pubblicità on-line, in generale. Eppure, qui abbiamo un rapporto che dice che metà delle persone interagiscono.
Ho spento la luce, ma non riuscivo a dormire. La mia esperienza nella pubblicità mi diceva che questo rapporto era altamente improbabile. Il mio approccio scientifico mi diceva che era del tutto impossibile.
Poi ho capito. Ho riletto il pezzo. Ed è stato chiaro. Per l’ignaro lettore il messaggio era che la metà delle persone aveva interagito con gli annunci. Ma quello che in realtà si diceva era che “la metà delle persone intervistate che hanno letto o notato gli annunci è andata avanti e ha interagito in qualche modo.”
In altre parole, solo chi aveva letto l’annuncio o l’aveva “notato” (significa ricordare di averlo visto) rientrava nel panel della ricerca. Quindi, se solo il 3% degli utenti aveva letto o ricordava l’annuncio, il vero livello di interazione non è stato del 50% degli utenti totali ma del 50% del 3%, cioè 1,5%.
Naturalmente nessuno ha definito quale percentuale di persone ha letto o visto gli annunci, sarebbe troppo aperto e onesto. Quindi non abbiamo alcun modo di conoscere il vero livello di interazione.
Tutto quello che sappiamo è che, secondo questo articolo “Un gran numero di consumatori ha interagito con gli annunci per il gas e gli investimenti di perforazione petrolifera, un libro su Proust, un negozio di ristorazione esclusivamente per corridori e camminatori, ed esercizi per migliorare il proprio gioco nel golf”.
Se è vero, perché non ci danno tutte le informazioni in modo da poter decidere da soli se i numeri sono “grandi” o no?
Ma anche se ci avessero dato un quadro completo sarebbe comunque privo di significato. Le loro definizioni sono così assurdamente sbilanciata in favore di “interazione” che anche i numeri non significano nulla.
Vi faccio un esempio. Alcuni degli annunci erano annunci video “autoplay”, che sono partiti automaticamente, altri si espandevano in automatico all’apertura della pagina (suona familiare?) Senza fare nulla, è stata contata l’interazione quando il video è partito da solo o l’annuncio si è espanso.
Altri annunci erano talmente piccoli da essere illeggibili a meno che non si espandesse la finestra. E una volta espansa viene automaticamente considerata l’interazione. Quindi la lettura è diventata de facto interazione. Tra le persone che hanno ampliato gli annunci non è stata considerata alcuna differenza tra chi ha semplicemente letto l’annuncio e chi ha interagito con esso.
“La metà delle persone intervistate che hanno letto o notato quegli annunci è andato avanti e ha interagito in qualche modo”.
Un gran numero di persone che hanno ampliato l’annuncio per leggere non sono “andare avanti e interagito in qualche modo.” Ma sono stati considerati come chi ha interagito. Delle persone che sono state conteggiate come interattive, il gruppo più numeroso è stato quello di chi ha solo toccato l’annuncio per espanderlo. Ma a questo punto perché non contano come interazione i click sulla “X” per chiudere l’annuncio? Questo dovrebbe alzare di parecchio i numeri.
Ma c’è di più…
Ormai incuriosito da queste affermazioni ingannevoli, sono andato a cercare altri studi per vedere ciò che avevano da dire. E qualcosa ho trovato, su una rivista digitale. Secondo loro più della metà dei consumatori che leggono un annuncio su una rivista per tablet o e-reader, ha interagito con l’annuncio, in base ad una nuova ricerca che ha considerato più di 30.000 annunci digitali nell’arco di sei mesi.
“La ricerca mostra che il 55% dei lettori della rivista digitale, ha osservato o letto, una pubblicità digitale sul proprio tablet o e-reader…”
Cosa si capisce? Il messaggio è probabilmente che la gente legge il 55% degli annunci della rivista digitale a cui sono stati esposti. Ma non è ciò che significa. Affatto.
Significa in realtà che durante i 6 mesi di periodo di prova, il 55% delle persone ha letto o notato un annuncio sulla rivista digitale. In altre parole, se sono stati esposti a 1.000 annunci nel corso di questo periodo, non vuol dire che hanno letto 550 (55%) annunci, significa che c’è una probabilità del 55% di leggerne uno!
Nei molti anni di attività in pubblicità sono stato testimone di un mucchio di invenzioni fasulle. Ma non ho mai visto uno sforzo più persistente nel distorcere i dati, e indurre in errore, di quello che vedo nel settore della pubblicità digitale e dei suoi devoti seguaci.